domenica 20 dicembre 2009

Libertà crocifissa

Il parossismo crocifiggente delle ultime settimane ha superato il limite della decenza, anzi, non gli è mai stato al di sotto.

L'essere (per molti ipocriti, solo professarsi) cattolici, è stato assurto a principio di italianità, una sorta di obbligo civico, come ai tempi del Ventennio. Dimenticando tutta la storia successiva (la Costituzione, in primis, e il nuovo concordato del 1984) e precedente (addirittura i principi illuministici ispiratori delle moderne democrazie, e l'Unità italiana portata a termine solo dopo la conquista di Roma), si sta realizzando un nuovo pericoloso matrimonio tra politica e religione (cattolica). I non cattolici, che chiedono il rispetto della laicità dello Stato nelle sue diverse istituzioni a cominciare dalla scuola pubblica, che chiedono il rispetto di una sentenza di un organismo legalmente riconosciuto dallo Stato italiano (si aggiorni, ministro La Russa!), questa minoranza di italiani è oggi oggetto di una intolleranza vestita di legalità! Le numerose delibere comunali che hanno imposto crocifissi ovunque e multe fino a 500 € a chi li rimuove (o non li espone) sono l'esempio più immediato di questo clima di prevaricazione. Mentre l'esempio pessimo è sicuramente la molto tollerante e laica proposta di legge che renderebbe la rimozione o la mancata esposizione del crocifisso nientemeno che un reato!

In pochissimo tempo, insomma, i nostri rappresentanti politici, nella loro opportunistica e ipocrita difesa del simbolo del cattolicesimo, sono riusciti addirittura a superare i loro vecchi maestri in camicia nera. Data la proposta di legge citata, vien da chiedersi se per caso non vogliano provare ad equiparare la non credenza stessa ad un reato. L'aspetto più triste è che i rappresentanti della Chiesa, politicanti più degli stessi politici, non hanno detto una sola parola di condanna verso questa intolleranza dilagante, o verso la manifesta degradazione del loro simbolo più caro da supposto rappresentante di un messaggio di amore e di pace universale a mero strumento della propaganda politica a sostegno di una imprecisata identità italiana.

Ormai anche nell'azienda in cui presto la mia opera, il direttore del personale (che è anche presidente del consiglio comunale) non è stato da meno in questa corsa agli armamenti... pardon, armamentari religiosi. Dopo aver invitato il vescovo lo scorso 1 Aprile, in occasione della imminente Pasqua, in una riunione comunicata ai dipendenti senza specificarne la natura, nel corso della quale non sono mancati raccoglimento e preghiere, ora non poteva privarci della presenza, indispensabile sul posto di lavoro, dei tanto amati crocifissi: negli scorsi giorni, infatti, sono stati prontamente esposti a ribadire che c'è lavoro e lavoro, e che il nostro è realizzato senza l'impiego di manodopera miscredente, quindi di sicura moralità, e magari di maggior qualità e convenienza per il pio cliente.

sabato 14 novembre 2009

Finalmente (?)

In questi giorni mi sento in uno stato contraddittorio di positiva attesa e di desolante frustrazione.

Sono passati 10 giorni dalla divulgazione della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (una traduzione in italiano) in merito alla presenza dei crocifissi nelle aule della scuola pubblica. Da laico, nonché ateo, non posso che essere d'accordo con la sentenza, ultimo risultato del lungo percorso portato avanti dall'UAAR. Dirò di più; quando ho appreso la notizia ho fatto i salti di gioia: finalmente un riconoscimento importantissimo alla causa della laicità in Italia, concetto sempre sbandierato a parole ma quasi sempre disatteso nei fatti. Mi è sembrato di vivere un momento storico per la svolta positiva che avrebbe impresso al cammino di civiltà non sempre facile del nostro paese. Ovviamente sono stato più che felice, nei giorni successivi, di vedere l'UAAR in quanto tale addirittura in un TG nazionale! Parlare dell'associazione e delle sue battaglie finalmente a livello dell'intero paese. Solo la (mancata) campagna pubblicitaria sugli autobus genovesi, che aveva scatenato un tam tam mediatico senza precedenti (e completamente gratis), mi aveva regalato un senso di soddisfazione paragonabile.

Ma, tornando alla sentenza europea, nonostante sia molto dura, ma precisa ed inoppugnabile, mai avrei pensato che avrebbe fatto esplodere una bomba di tale potenza nell'opinione pubblica, almeno a giudicare dalle notizie e dai dibattiti televisivi. Ero francamente convinto che gli italiani non fondamentalisti, che sono la maggioranza... diciamo quelli piuttosto indifferenti alla religione in cui sono stati battezzati e, presumibilmente, cresciuti... beh, pensavo che questi italiani avrebbero finalmente aperto gli occhi e pensato onestamente: "ma sì... che ci sta a fare quel simbolo lì, nella scuola di tutti? me lo sono sempre chiesto da giovane...".

E invece? Abbiamo assistito in questi giorni a reazioni che definirei oscene, a cominciare dai governanti (in primis il ministro della difesa La Russa), i quali hanno giurato sulla Costituzione della Repubblica, e dei politici in genere, i quali dovrebbero conoscere il principio di laicità dello Stato ed il rispetto delle minoranze (costituite anche queste da loro elettori). Poi c'è stato il finto dibattito su Canale 5, andato in onda domenica 8/11/09, in cui si assisteva ad un linciaggio, dei peggiori, delle opinioni favorevoli alla sentenza - ovviamente quando veniva concesso di parlare ai loro sostenitori. E poi le minacce alla famiglia Albertin, promotrice della causa europea.

Questa sentenza è riuscita a tirar fuori davvero il peggio dell'italiota medio, a cominciare dai politici nostri rappresentanti:

  • l'ignoranza del principio di legalità (il rispetto della legge e delle sentenze di qualunque tribunale), per cui chi rispetta le regole è un fesso, chi non le rispetta è furbo (o uno strenuo difensore della tradizioni...);
  • l'ignoranza (in buona, o peggio, in malafede) della differenza tra legge e consuetudine (nessuna legge impone il crocifisso, anche se è consuetudine esporlo nei luoghi dello stato - scuole, tribunali, uffici della PA ecc.);
  • la mancanza di rispetto delle minoranze e di chi, in generale, ha una opinione diversa dalla propria, equivalente ad assurgere a principio di giudizio la "dittatura della maggioranza", per cui se una cosa non sta bene o crea delle difficoltà a pochi allora non è un problema (ed infatti vien fuori il rispetto per i disabili - reticenza ad abbattere le odiose barriere architettoniche -, dei credenti di alcune fedi - opposizione di principio alla costruzione di edifici di culto -, degli immigrati - diffidenza o aperto odio -, degli omosessuali - è così difficile da capire che non sono malati?!? -, dei meridionali - forse maggiormente un po' di anni fa - e, ultimo in ordine di tempo, dei non-credenti, almeno in modo plateale);
  • la mai abbastanza criticata ipocrisia italiana (questa sì antica consuetudine), per cui, tra i sedicenti cattolici: la quasi totalità è ignorante delle cose in cui dichiara (spesso con orgoglio) di credere, quasi nessuno va in chiesa, molti scelgono il matrimonio civile, molti sono i divorziati, moltissimi ricorrono all'aborto (come contraccettivo), non pochi ricorrono alla contraccezione; ma poi... guai a toccargli il crocifisso nei luoghi dello Stato, cioè di tutti;
  • ed ultima, ma forse più importante, la maleducazione, che passa presto alla violenza verbale, all'intolleranza, qualche volta all'odio e, speriamo mai, alla violenza fisica... in perfetto spirito cristiano!

Ma in tutto questo i cattolici veri, caritatevoli e tolleranti, dove sono? E la loro Chiesa?

Ma gli uni e l'altra sono consapevoli che tutti, in tutto il mondo, stanno associando questa risposta feroce e intollerante alla sentenza di Strasburgo a loro?

Onestamente, resto in attesa di una risposta, anche se ormai sto perdendo le speranze...

domenica 12 luglio 2009

Alla fine l'ho fatto!

Diciamo che per un ateo come me era una pura formalità: far cancellare i propri dati personali da un particolare registro, in base alla legge sulla privacy. Ed in effetti è una pura formalità per chi è già uscito da un certo gregge, perché non è più una pecora paurosa e bisognosa di tutto ed è diventato un uomo in possesso di tutte le facoltà (ragione, scienza, fiducia in sé), un uomo che però vuole che anche ufficialmente, senza dubbio alcuno, sia considerato tale dal pastore.

Ed è stato tutto semplicissimo: ho riempito con alcuni dati una lettera-tipo (contenente tutto il necessario per l'operazione) e l'ho spedita, insieme ad una fotocopia della mia carta d'identità, con raccomandata A/R dall'ufficio postale vicino casa (costo: € 3,40). Dopo circa 7 giorni mi è pervenuta la ricevuta della raccomandata, e dopo altri 5 la risposta del pastore del gregge locale, scritta di suo pugno (a mano):

Si comunica al sig. *** l'avvenuta annotazione nel registro dei battesimi della sua decisione di non essere più considerato membro della Chiesa Cattolica.

In fede... P. *** Parroco

Mi sono sbattezzato! Sono di nuovo libero, come quando avevo poche settimane di vita! La Chiesa non può avere più nulla a pretendere da me!

Come dite?!? Cosa poteva pretendere? Ve lo mostro subito (fonte):

Il Catechismo della Chiesa cattolica rammenta (nn. 1267 e 1269) che il battesimo «incorpora alla Chiesa» e «il battezzato non appartiene più a se stesso […] perciò è chiamato […] a essere «obbediente» e «sottomesso» ai capi della Chiesa». Qualora non lo sia, le autorità ecclesiastiche sono giuridicamente autorizzate a “richiamare” pubblicamente il battezzato. Nel 1958 il vescovo di Prato definì «pubblici peccatori e concubini» una coppia di battezzati sposatasi civilmente. La coppia subì gravi danni economici, intentò una causa al vescovo e la perse: essendo ancora formalmente cattolici, continuavano infatti a essere sottoposti all’autorità ecclesiastica. Ogni prelato può dunque tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati: perché rischiare?

Vi sembra poco? Beh, se siete degli ateacci convinti sappiate che, sbattezzandovi, le conseguenze saranno (fonte):

  • esclusione dai sacramenti;
  • privazione delle esequie ecclesiastiche in assenza di segni di pentimento;
  • esclusione dall’incarico di padrino o madrina per battesimo e confermazione;
  • necessità della licenza del vescovo per l’ammissione al matrimonio canonico.

Insomma, non avrete più nessuno di quegli obblighi che tanto vi infastidiscono (nessuno, quando sarà il momento, potrà imporvi un funerale religioso!) o vi imbarazzano (come, altrimenti, dire di no all'amico che vi chiede di fare da padrino/madrina del suo bebè?!).

Questo non è abbastanza? Ok: pensate se tutti i non credenti si sbattezzassero (e non battezzassero i loro figli). Ve li immaginate papa, vescovi e cardinali (e i loro politici baciapile) preoccupati che alcuni milioni* di pecorelle smarrite decidono di abbandonare definitivamente il gregge? Non pensate che forse le gerarchie ecclesiastiche ingerirebbero meno nella vita politica economica e sociale del paese? Non pensate che i politici non farebbero più l'equazione (di comodo): italiani = cattolici?

Se non vi basta tutto questo (ed altro ancora), certamente se siete atei/agnostici non potete che essere persone razionali e coerenti: e allora sbattezzatevi per coerenza con i principi (vostri e personali) che guidano la vostra esistenza, senza bisogno di alcun pastore!

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* Gli atei si stimano nel 2006 intorno al 6% della popolazione, mentre gli agnostici addirittura al 20% (fonte)

giovedì 4 giugno 2009

Chi ben comincia...

Vi siete mai chiesti come mai lo Stato finanzi, contro il dettato costituzionale, la scuola privata (ovvero cattolica) spesso a discapito della pubblica?

Vi siete mai chiesti come mai la religione cattolica, nonostante non sia più religione di stato dal 1984, viene insegnata dalle scuole materne alle secondarie superiori da due a un'ora a settimana senza che, di fatto, sia messo a disposizione un insegnamento alternativo per chi non intenda avvalersene, nonostante sia una materia facoltativa?

Vi siete mai chiesti, in generale, come mai l'essere (o il ritenersi) credenti richieda un'indottrinamento che inizia quando si è ancora bimbi? E vi siete mai chiesti perché da adulti difficilmente si rinuncia alla propria religione d'origine?

Se non vi siete mai poste queste domande allora, mi spiace per voi, l'indottrinamento che avete subito ha dato ottimi risultati e anche duraturi. Se invece ve le siete poste, anche se non avete ancora dato una risposta, mi compiaccio: siete sulla buona strada.

Non pochi ritengono, e i fatti danno loro ragione, che le esperienze precoci (positive e negative) lasciano una traccia pressoché indelebile nella mente. Gli insegnamenti che si ricevono fin da piccoli vengono assorbiti acriticamente e si fissano stabilmente, venendo a far parte di noi, di ciò che siamo. E quanto più quegli insegnamenti sono anacronistici, non fattuali, eticamente opinabili, in una parola arbitrari, tanto più il discente deve essere giovane, ingenuo, in assoluta buona fede.

Una regola di buon senso suggerisce che "affermazioni eccezionali richiedono prove eccezionali". Ora chiediamoci quale bambino sarebbe capace di richiedere una prova eccezionale al proprio catechista o insegnante di religione (se non genitore...), soprattutto quando la capacità di credere senza prove viene esaltata come segno di grande fede (quindi auspicabile), anziché essere aspramente combattuta come sintomo di quella credulità che, da adulti, può fare, e fa, grossi danni (dagli allarmismi dei media, alle bugie della politica e della pubblicità, alle falsità spacciate per vere della televisione).

Diciamocelo chiaramente: un popolo bue e credulone ha sempre fatto (e sempre farà) comodo al potere non proprio limpido della politica, della Chiesa, dei media. Soprattutto quando una politica di palazzo, vuota di idee ed ideali, si appoggia per necessità ad una Chiesa che vive di idee (metafisiche) e che si crede ancora depositaria di un rispetto e di una fiducia che ancora pochi intendono darle, ormai lontana secoli luce dalla realtà di una società sempre più secolarizzata; ed entrambe, politica e Chiesa, devono far affidamento sull'unico mezzo di propaganda unidirezionale ancora a loro disposizione: i media di massa, con la televisione in testa.

Quindi oggi, ancora più che nel passato, urge, da parte del potere, sfruttare al massimo la finestra sulla mente dei futuri elettori e contribuenti per far passare quelle "idee" che si riveleranno utili una volta adulti: il valore della fede (cattolica), della tradizione (cattolica), delle supposte radici cristiane (e cattoliche) dell'Italia (e dell'Europa).

In definitiva, far passare l'idea che essere italiani civili significa essere cattolici.

lunedì 25 maggio 2009

Destinazione ateismo

Mi è capitato di notare che ci sono persone (forse molte) che vedono l'ateismo con grande perplessità.

Stranamente suscita meno sconcerto dire di essere non credenti piuttosto che atei; in effetti un non credente è o ateo oppure agnostico, però l'agnosticismo sembrerebbe non implicare una totale negazione di ciò che i credenti credono, anche se nei fatti un agnostico pensa alla fede allo stesso modo di un ateo: come qualcosa senza senso di cui non si ha alcun bisogno.

Le persone credenti (in buona fede) vedono me ateo, nella migliore delle ipotesi, come qualcuno che ha rinunciato a qualcosa di veramente grande e importante della vita. Nella peggiore delle ipotesi, invece, come qualcuno che ha deciso di condannare se stesso alla dannazione eterna (per la verità non mi è mai capitato personalmente, ma ho letto commenti di questo tono da parte di credenti in giro per la rete). Poi c'è un vasto gregge di sedicenti credenti che sono totalmente indifferenti alle loro credenze, non praticano la loro religione, non la conoscono... insomma, sono non credenti de facto, ma si sposano in chiesa, battezzano i loro figli e fanno frequentare loro la facoltativa ora di religione a scuola, appoggiano aprioristicamente la gerachia ecclesiastica, votano partiti che ispirano i loro valori alla religione dominante, sono contrari alla laicità dello stato (spesso la confondono con ateismo di stato!); in una parola: gli ipocriti. Ebbene, costoro vedono gli atei come un'offesa alla tradizione ed al buon costume in linea di principio, ma poi quando ne incontrano uno nemmeno lo riconoscono.

Quello che i credenti (almeno i meno "aperti") ignorano completamente (secondo me in cattiva fede) è che praticamente ogni ateo è stato un tempo credente, o, perlomeno, è stato immerso per buona parte della sua giovinezza in un ambiente in qualche modo religioso (famiglia, scuola, oratorio, film, TV), ed ha inevitabilmente assorbito precetti e idee religiose, o le ha financo credute e praticate. Anzi, alcuni atei, come il sottoscritto, un tempo sono stati  credenti ben al di sopra della credenza media. Sarei portato a dire, senza forse azzardare troppo, che gli atei più convinti emergono dalla fede più ferrea (cieca?!).

Pertanto, posso affermare con una certa sicurezza che:

  • gli atei non sono ignoranti della loro fede originaria, ma spesso ne sono conoscitori migliori dei sedicenti credenti;
  • gli atei diventano tali non per ignoranza della loro fede originaria, ma perché l'hanno fatta propria, l'hanno analizzata e sviscerata ed alla fine hanno concluso che è: irrazionale, anacronistica, eticamente insoddisfacente, ininfluente (se non di ostacolo) al raggiungimento della "pienezza di vita" (ai credenti fa malissimo accettare questo dato di fatto);
  • sembra superfluo, ma gli atei non sono satanisti: non credere nell'esistenza dell'entità Dio non significa odiare Dio (come potrebbe?) né tantomeno adorare l'entità Satana (o chi per esso); nell'ateismo quello che trascende i sensi e l'intelletto semplicemente viene ritenuto non esistente;
  • gli atei non sono amorali: semplicemente l'etica religiosa parte (apparentemente) da Dio, quella atea parte dall'uomo;
  • gli atei ritengono che ciascuno può credere ciò che vuole, purché non imponga la sua credenza agli altri (cosa che putroppo in Italia avviene tutti i giorni da parte delle gerarchie ecclesiastiche, della politica, dei media, della "tradizione").

Ora, invito il lettore a dare per buone le precedenti affermazioni. Se vuole approfondirle e capirne le ragioni, è invitato a leggere i successivi post che non mancherò di pubblicare.

venerdì 15 maggio 2009

Il mio primo blog

Dopo aver tanto meditato e riflettuto, ho capito che ciò che mi mancava nella vita era uno spazio in cui esprimere e condividere liberamente con il mondo interconnesso tutto ciò che mi passa per la testa. Ed ecco... il mio primo blog!

A prestissimo :-)